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Archivio di Stato di Salerno

Breve Guida ai principali fondi documentari

conservati presso l'Archivio di Stato di Salerno

L'Archivio di Stato di Salerno conserva all'incirca centomila pezzi di documentazione cartacea e più di mille pergamene, oltre ad avere una biblioteca di circa ventiquattromila volumi. Di questo patrimonio documentario fa parte sia il carteggio prodotto dagli organi periferici dell'amministrazione dello Stato, aventi sedi nella provincia, che la documentazione di provenienza non statale. Prendiamo in esame prima il materiale documentario dello Stato e poi quello di diversa provenienza.

La Documentazione dello Stato

Per quanto concerne la documentazione emanata dalle magistrature statali è necessario fare una suddivisione in tre periodi, collegata alla storia istituzionale della provincia di Salerno: il primo periodo corrisponde all'antico regime, che va fino al 1806; il secondo comprende sia il Decennio francese sia la Restaurazione, che possono essere presi in considerazione insieme, in quanto non vi sono mutamenti istituzionali di fondo; il terzo periodo è quello successivo all'Unità d'Italia.

L'antico regime
Per questo periodo si conserva il carteggio delle Corti locali e della Regia Udienza Provinciale, a cui bisogna aggiungere il catasto antico e l'onciario.

Corti locali
Le corti locali erano organi giudiziari di primo grado e potevano essere sia regie che feudali (baronali, ducali, principesche, marchesali o comitali), a seconda che avessero sede in un'università (universitas civium: è questo il nome con cui si designavano i comuni del regno di Napoli durante l'antico regime) posta alle dirette dipendenze della corona oppure in un'università infeudata.
Oltre alle corti regie e feudali, che avevano competenze generali sia di natura civile che penale, ve ne erano altre con competenze specifiche, come le Corti nundinali (dal latino nundinae = giorno di mercato) o del maestro di fiera che dirimevano le controversie concernenti gli affari relativi alle fiere. Vi erano, inoltre, le Corti ecclesiastiche che giudicavano i religiosi, i quali sotto l'antico regime avevano diritto al foro speciale e non adivano, pertanto, i tribunali ordinari.

Regia Udienza Provinciale
La Regia Udienza, istituita probabilmente in età aragonese, aveva, come tutte le magistrature di antico regime, una pluralità di compiti di natura sia amministrativa che giudiziaria e militare. In ambito giudiziario aveva competenze sia civili che penali. Il preside, il funzionario ad essa preposto, era la più importante figura istituzionale della provincia ed aveva alle sue dipendenze delle forze armate, le cosiddette squadre di campagna ed i fucilieri di montagna, che erano impiegati per la tutela dell'ordine pubblico. L'Udienza fungeva da giudice d'appello delle corti locali e giudicava in prima istanza in alcune materie per cui era delegata. Contro le sue sentenze poteva prodursi appello alla Gran Corte della Vicaria, sia in materia civile che penale.

Il catasto antico ed il catasto onciario
Tra le fonti per la storia socio-economica dell'età moderna i catasti sono senza dubbio una delle più importanti. Fino alla metà del XVIII secolo, prima della redazione del catasto onciario, le università del Regno di Napoli adottavano due metodi di esazione fiscale: esse, come si diceva, vivevano a gabella oppure a battaglione.

Con il sistema delle gabelle il prelievo fiscale consisteva esclusivamente in dazi che gravavano sui consumi. Con il sistema a battaglione, invece, veniva fatto l'apprezzo dei beni stabili di proprietà dei cittadini e dei redditi derivanti dalle loro attività, che, una volta detratti i pesi, vale a dire gli oneri finanziari ai quali erano assoggettati (censi, interessi, ecc.) erano sottoposti a prelievo fiscale. Quest'ultimo sistema riguardava una minoranza di comunità locali, laddove la maggioranza preferiva vivere a gabella. Ciò spiega perché i catasti anteriori all'onciario - i cosiddetti catasti antichi - si riducano a pochi pezzi: due volumi di Pagani del XVI secolo ed uno di Caggiano del 1722, ai quali bisogna aggiungere un volume di rivele di Campagna del 1732 e due volumi di numerazione dei fuochi di Positano e di Ravello.

Per porre rimedio a questa situazione di disordine si progettò un catasto con criteri omogenei per tutto il regno - il catasto onciario - la cui formazione fu ordinata da Carlo III di Borbone con dispaccio del 4 ottobre 1740 e venne regolata da una serie di disposizioni emanate dalla regia Camera della Sommaria tra il 1741 ed il 1742. L'esigenza di razionalizzare il prelievo fiscale attraverso la redazione di un catasto si inscrive nella nuova temperie culturale dell'età dei lumi ed è avvertita un po' dovunque: basti pensare al catasto teresiano della Lombardia ed a quello leopoldino della Toscana, coevi all'onciario napoletano.

I lavori preparatori del catasto incontrarono le resistenze dei maggiorenti locali, che furono più forti delle università abituate a vivere a gabella, dove i proprietari erano maggiormente restii a fare le rivele dei propri beni. L'ultima prammatica sui catasti del 28 settembre 1742 ordinava che i catasti fossero approntati entro quattro mesi. Più di dieci anni dopo, tuttavia, la redazione del catasto in molti comuni non era stata ancora completata. Il re, pertanto, nel maggio del 1753, emanò una nuova prammatica che prevedeva l'invio di commissari nell'università inadempienti per portare a termine i lavori: ciò spiega perché la maggior parte dei catasti onciari sia stata redatta tra il 1753 ed il 1754. Ciò nonostante, non dovunque si arrivò al completamento del catasto: alla fine il sovrano fu costretto a cedere e ad accettare il principio che i comuni potessero scegliere a loro arbitrio di vivere a gabella oppure di fare il catasto.

Il Decennio francese e la Restaurazione
Lo stato moderno, caratterizzato dalla divisione dei poteri, è un portato della rivoluzione francese ed è stato introdotto nel Mezzogiorno dall'arrivo delle armate napoleoniche nel 1806.
Durante il Decennio francese (1806-1815) vi furono radicali riforme istituzionali, che portarono alla distinzione tra le magistrature con compiti amministrativi e quelle con compiti giudiziarie, nell'ambito di queste ultime, tra le competenze penali e quelle civili. Il principale organo amministrativo della provincia era l'Intendenza. Il potere giudiziario si articolava in due livelli: a livello di circondario vi erano le Giudicature di Pace, con competenze sia civili che penali e, a livello provinciale, vi era il Tribunale di Prima Istanza, che giudicava nel civile, e la Corte Criminale, con giurisdizione penale. Questa struttura amministrativa rimase pressoché inalterata dopo la Restaurazione mutarono soltanto i nomi di alcune magistrature, ma non le competenze. L'Intendenza conservò il suo nome, mentre le Giudicature di Pace furono sostituite dalle Giudicature Circondariali; la Corte Criminale dalla Gran Corte Criminale ed il Tribunale di Prima Istanza del Tribunale Civile.

L'Intendenza
L'Intendeza fu istituita con la legge n°132 dell'8 agosto del 1806 concernente la divisione e l'amministrazione delle province del regno di Napoli. Il territorio del Regno fu diviso in tredici province, a capo di ognuna delle quali, come recita l'art. 1 del titolo II della suddetta legge, fu posto " un magistrato incaricato dell'amministrazione civile, e finanziera, e dell'alta polizia, che ha il nome d'Intendente". Per svolgere i molteplici compiti affidatigli, l'intendente doveva corrispondere con vari ministeri, come spiega il successivo art. 2 " L'amministrazione civile si compone di tutte le attribuzioni del Ministero dell'Interno secondo il nostro decreto de'31 marzo del presente anno. In queste diverse materie gl'intendenti corrisponderanno col nostro Ministero dell'interno. L'amministrazione finanziera si compone di tutto ciò, che concerne la percezione delle pubbliche imposizioni, e la vigilanza su gli agenti di siffatta percezione, in questa parte delle loro funzioni gli intendenti dipenderanno dal nostro Ministero delle finanze, e corrisponderanno col medesimo. L'alta polizia si compone di tutto quel che riguarda la pubblica sicurezza. Gl'intendenti la esercitano sotto gli ordini immediati del nostro Ministro della polizia generale, da cui dipenderanno esclusivamente per questo ramo. Oltre a queste speciali attribuzioni, gl'intendenti corrisponderanno con gli altri nostri Ministri, e dipenderanno rispettivamente da essi in tutto ciò, che commetteranno loro nel nostro real nome".
Date le numerose competenze di questa magistratura, l'archivio dell'Intendenza, che consta di oltre quattromila pezzi, è fondamentale importanza per lo studio della storia del Salernitano nel periodo che va dal Decennio francese fino alla vigilia dell'Unità, nei suoi molteplici aspetti: dalla vita politica all'economia, dall'istruzione alla salute pubblica, dall'assetto del territorio al patrimonio architettonico e così via.
Il fondo si divide in due grandi serie: atti di Gabinetto ed affari amministrativi, ulteriormente ripartite in numerose sottoserie.

Le magistrature giudiziarie
Nel Decennio francese si ebbe una radicale trasformazione dell'apparato giudiziario.
L'amministrazione della giustizia, sotto l'antico regime, era in parte in mano alla Corona ed in parte in mano alla feudalità. A proposito delle corti locali si è visto come accanto a quelle regie, vi fossero le varie corti feudali (baronali, principesche, marchesali e comitali, ecc.), presso le quali frequenti erano gli abusi commessi dagli ufficiali baronali. Con l'eversione della feudalità fu tolto al baronaggio il potere giudiziario, che, con la legge del 20 maggio 1808, fu posto tutto sotto il controllo regio. Furono altresì aboliti i vari privilegi di foro: "Qualunque privilegio di foro è abolito. Tutti senza distinzione litigheranno nella stessa forma, ed innanzi ai medesimi giudici, né medesimi casi" (art. 92).
Furono istituiti vari gradi di giudizio. Al primo livello vi erano le Giudicature di Pace, che avevano sede in ogni ripartimento. Il ripartimento era la circoscrizione giudiziaria minima, che, dopo la Restaurazione, avrebbe preso il nome di circondario. I giudici di pace avevano giurisdizione sia civile che di polizia. In campo penale giudicavano delle trasgressioni per le quali poteva essere irrogata una pena non maggiore dei dieci giorni di carcere o una multa superiore a 20 ducati. In campo civile giudicavano delle controversie fino ad un valore di 200 ducati. Le loro decisioni non erano soggette ad appello per le cause non eccedenti il valore di 20 ducati.
Il fondo Giudicature di Pace è suddiviso in varie serie tra le quali le più importanti sono: Processi penali, che contengono gli atti delle sole Giudicature di Capaccio e di Postiglione; Sentenze penali e Sentenze civili.
A livello provinciale furono istituiti il Tribunale di Prima Istanza e la Corte Criminale, entrambi con sede in Salerno. Il primo aveva competenze civili e giudicava in appello ed in ultima istanza le controversie che in prima istanza erano state trattate dai giudici di Pace.
La Corte Criminale giudicava in campo penale ed alle sue sentenze era ammesso ricorso alla Gran Corte di Cassazione in Napoli.
La documentazione del Tribunale di Prima Istanza è cospicua e si articola in numerose serie, tra le quali si segnalano i volumi delle Perizie per la dovizia di piante di cui sono corredati. Questa serie è importante per lo studio degli edifici privati, sui quali è difficile trovare informazioni in altri fondi. Gli immobili oggetto di controversia vengono minuziosamente descritti e talora e anche riprodotti cartograficamente.
Esigua, invece, è la documentazione della Corte Criminale, della quale si conservano soltanto 24 volumi di sentenze, che coprono un arco di tempo che va dal 1810 al 1817.
All'indomani della Restaurazione la Legge Organica dell'ordine giudiziario del 29 maggio 1817 diede un nuovo assetto all'amministrazione della giustizia, pur non discostandosi di molto dall'apparato istituzionale creato nel Decennio francese. Alle Giudicature di Pace subentrarono le Giudicature circondariali, con competenze simili; il Tribunale di prima Istanza fu sostituito dal Tribunale Civile e la Corte Criminale dalla Gran Corte Criminale.
Le carte delle Giudicature circondariali sono divise in varie serie (foglio di udienza, sentenze civili, sentenze penali ecc.), ognuna delle quali è, a sua volta, ripartita per Giudicatura. La documentazione del Tribunale Civile è unita a quella del Tribunale di Prima Istanza.
L'organo giudiziario più importante di questo periodo è la Gran Corte Criminale, che giudicava in appello le sentenze emanate dalle Giudicature circondariali ed in prima ed unica istanza le cause di "alto criminale". Di questa magistratura si conservano 349 buste di processi per reati politici, oltre 2500 buste di processi per reati comuni,123 volumi di sentenze, nonché numerosi registri di vario genere.

Atti Demaniali
La riforma più importante del Decennio francese è stata l'eversione della feudalità, realizzata con la legge del 2 agosto 1806, che non solo ha segnato la fine della giurisdizione baronale, ma ha posto all'ordine del giorno la questione dei demani ex- feudali.
Queste terre in parte rimasero in possesso degli antichi baroni, che però le detenevano come beni allodiali (il termine allodio deriva dalle parole tedesche all e Gut ed indica il pieno possesso di un bene, svincolato da ogni onere feudale. I termini allodiale e burgensatico sono, pertanto, sinonimi: designano la proprietà a pieno titolo di natura borghese (burgensis) e non feudale ed in parte diventarono beni demaniali, attraverso i quali il governo si proponeva di creare una piccola proprietà contadina. Alla legge eversiva della feudalità del 2 agosto 1806 ne fecero seguito delle altre, a partire dal 1° settembre dello stesso anno, che indicavano i criteri di ripartizione dei demani. Alle università dovevano essere assegnati i terreni più vicini all'abitato, che avrebbero dovuto poi essere divisi tra i cittadini nullatenenti o detentori di proprietà insufficienti alla sussistenza della loro famiglia, i quali, in cambio del pagamento di un canone, ne avrebbero ottenuto il pieno possesso. Per le terre boscose, montuose, per quelle situate in riva ai fiumi e per quelle tradizionalmente adibite ad uso di pascolo erano previste delle limitazioni. La ripartizione dei demani, come prevedeva il decreto dell' 8 giugno 1807, implicava due operazioni: la prima consisteva nella divisione delle terre ex feudali tra i baroni e le università e nel cosiddetto scioglimento delle promiscuità, cioè nella divisione dei demani tra i comuni limitrofi; la seconda operazione consisteva invece nella ripartizione in quote delle terre spettanti a ciascun comune e nella loro assegnazione ai contadini nullatenenti o indigenti.
Per la precisione, come recita l'art.12 del suddetto decreto, esse dovevano essere divise tra "quei naturali de' comuni rispettivi, che rappresentavano ed esercitavano sul demanio comunale i diritti degli usi civici, che nella legge sono indicati col nome di comunisti: tra essi però i non possidenti, ed i possidenti minori saranno sempre preferiti".
Una volta operata la suddivisione dei demani in parti dello stesso valore, le quote si sarebbero estratte a sorte tra gli aventi diritto, in modo da evitare eventuali controversie. Si prevedeva inoltre la verifica e la reintegra delle terre demaniali usurpate o comunque indebitamente tenute dai privati.
Le vicende delle quotazioni demaniali, così importanti per la storia della proprietà agraria e della sua evoluzione, possono essere ricostruite attraverso la documentazione del fondo Atti Demaniali, che essendo ripartito per comune, consente di fare la ricerca anche su aree di limitata estensione. Soltanto le ultime quindici buste riguardano tutta la provincia e danno una visione di insieme sia sulle disposizioni emanate in tempi diversi, relative alla gestione dei demani, che sulle quotazioni portate a termine nei vari comuni. Il carteggio abbraccia un arco di tempo di vasto respiro, in quanto parte dall'eversione della feudalità ed arriva, in qualche caso, alla metà del XX secolo. Talora contiene anche atti di data anteriore, i più antichi dei quali risalgono al XVI secolo, concernenti controversie tra i baroni e le università, di notevole interesse per la storia dei feudi e delle comunità locali di antico regime.

Catasto murattiano
Ai fondi finora esaminati bisogna aggiungere il Catasto murattiano, la cui serie, al contrario dell'onciario, è completa. Il nome del nuovo catasto deriva dal sovrano allora regnante, Gioacchino Murat. Napoleone, all'indomani della conquista del regno di Napoli, nel 1806, vi aveva insediato prima il fratello Giovanni e poi, quando questi, nel 1808, era andato a coprire il trono in Spagna, il marito della sorella Elisa, Gioacchino Murat. Questi, con il decreto del 4 aprile 1809, ordinò la formazione di un catasto provvisorio, divenuta ormai improrogabile a causa delle "numerose doglianze che ci sono dirette sui vizi della ripartizione della contribuzione diretta, su gli abusi che si permettono i percettori ed esattori, e sulle vessazioni che cagiona il metodo attuale di coazione", come si legge nel proemio del decreto, al quale ne fecero seguito altri due, rispettivamente del 12 agosto e del 9 ottobre dello stesso anno, che impartivano istruzioni più dettagliate per la formazione del catasto. Esso fu detto "provvisorio", in quanto il sovrano, come è scritto nel proemio del decreto del 12 agosto, si proponeva di intraprendere una misurazione geometrica di tutto il regno per poi procedere ad un accatastamento più preciso delle proprietà; intanto faceva appello al "concorso de' proprietari" per l'esatta descrizione dei beni. La mancanza di misurazioni attendibili e l'interesse dei proprietari a celare le proprie rendite furono causa del carattere approssimativo del catasto, che, lungi dall'essere provvisorio, è rimasto in vigore fino ai primi decenni del XX secolo.

Il periodo postunitario
All'indomani dell'unità si ebbe una radicale trasformazione istituzionale: al posto delle magistrature borboniche ne subentrarono delle nuove, di origine sabauda, che dopo la proclamazione del regno d'Italia furono estese a tutta la penisola. L'Intendenza fu sostituita dalla Prefettura; nell'ambito giudiziario alle Giudicature circondariali subentrarono le Preture ed alla Gran Corte Criminale ed al Tribunale civile i Tribunali civili e correzionali; in campo finanziario fece la sua comparsa l'Intendenza di finanza; in quello della pubblica istruzione il Provveditorato agli Studi, mentre le competenze in materia di opere pubbliche furono attribuite ad un'altra magistratura di origine sabauda: il Genio Civile.

Prefettura
La Prefettura è l'organo amministrativo postunitario, che, in larga misura, eredita le competenze dell'Intendenza. Nell'estate del 1860, in concomitanza con la spedizione del Mille e dei suoi moti insurrezionali scoppiati nel Mezzogiorno, si ebbe un periodo di radicali e turbinose trasformazioni istituzionali. Il 30 agosto Giovanni Matina, che sette giorni prima era stato nominato dal Comitato d'Azione alto commissario politico e civile nei distretti di Salerno, Campagna e Sala, assunse la carica di prodittatore. Con successivo decreto di Garibaldi del 7 settembre fu nominato governatore con pieni poteri, ai sensi del r.d.
promulgato dal re di Sardegna il 23 ottobre 1859. Questo decreto, emanato in previsione delle nuove annessioni, istituiva la figura del governatore, posto a capo di ciascuna provincia. Il successivo decreto del 9 ottobre 1861 n. 220 stabiliva che i governatori provinciali prendessero il nome di prefetti. La legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865, allegato A, illustra le attribuzioni del prefetto: egli "rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia;...provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione delle leggi; veglia sull'andamento di tutte le pubbliche amministrazioni, ed in caso d'urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami di servizio, sopraintende alla pubblica sicurezza, ha diritto di disporre della forza pubblica e di richiedere la forza armata; dipende dal ministro dell'Interno e ne eseguisce le istruzioni" (art. 3). Anche se formalmente dipendente dal Ministro dell'Interno, il Prefetto era in realtà in contatto con tutti i ministeri, che, come spiega una circolare del Ministero dell'Interno del 1868, avevano "egualmente autorità e corrispondenza diretta con le prefetture". Di qui le sue molteplici competenze: in qualità di rappresentante del governo e nel suo complesso, esercitava il controllo in svariati campi, dalla vita politica agli enti locali, dalle attività economiche alla sanità, dall'istruzione alle opere pubbliche, dagli affari di culto alla gestione del territorio.
L'archivio di Prefettura si divide in quattro grandi serie: gli atti di gabinetto, concernenti gli affari di natura politica e l'ordine pubblico; la I serie, ulteriormente ripartita in 28 categorie, che consta del a carteggio di natura amministrativa; la II serie, che tratta gli affari comunali; opere pie, contenente la documentazione sui vari enti di beneficenza della provincia.

Sottoprefetture di Campagna, Sala Consilina e Vallo della Lucania
La Legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865 (art.7) prevedeva l'istituzione, in ogni capoluogo di circondario, di una Sottoprefettura, il cui titolare, il Sottoprefetto, era rigidamente subordinato al Prefetto, del quale eseguiva gli ordini ed a cui rendeva conto dei provvedimenti adottati nei casi di urgenza. La provincia di Salerno fu divisa in quattro circondari: Salerno, Campagna, Sala Consilina e Vallo della Lucania. Mentre il primo circondario fu posto sotto la diretta giurisdizione del Prefetto, negli altri tre furono istituite altrettante Sottoprefetture, che ebbero vita fino al 1926, anno della loro soppressione.
Il carteggio di queste magistrature, al pari di quello della Prefettura, si divide in Atti di Gabinetto ed Atti amministrativi e presenta numerose analogie con quello delle corrispondenti serie della Prefettura (in esso, ad esempio, si rinvengono le minute delle note che il Sottoprefetto inviava al Prefetto, i cui originali sono contenuti nelle carte della Prefettura). L'interesse e l'originalità di questa documentazione consistono nella maggior dovizia di particolari sulla vita locale che essa offre, in quanto il Sottoprefetto carteggiava con le autorità locali, quali sindaci e comandanti di stazioni di carabinieri, i cui rapporti forniscono una ricca messe d'informazioni sulle vicende amministrative, le contese politiche, i partiti, l'ordine pubblico, la gestione del territorio, le opere pubbliche, l'istruzione ed altro ancora nei vari comuni del circondario.

L'ordinamento giudiziario
All'indomani dell'Unità l'amministrazione della giustizia subì profondi mutamenti, in quanto alle magistrature borboniche subentrarono quelle sabaude, che furono stese a tutta la penisola. Nel 1865, con la legge del 6 dicembre, fu emanato il nuovo ordinamento giudiziario del Regno d'Italia. In ogni mandamento fu istituita una pretura, che aveva grosso modo le competenze delle antiche Giudicature circondariali e che costituiva il primo grado di giudizio. Ai Pretori competeva la cognizione dei delitti punibili con la pena del carcere, del confino o dell'esilio non eccedente i tre mesi di durata oppure con una multa non eccedente le trecento lire. Della Preture si conserva un cospicuo fondo documentario di oltre tremila fasci, che va dall'Unità al 1926.
Il secondo grado di giudizio era costituito dai tribunali civili e correzionali, che avevano sede nei tre capoluoghi di circondario: Salerno, Sala Consilina e Vallo della Lucania. Essi ereditarono, in materia civile, le competenze del Tribunale Civile borbonico e, in materia penale, le competenze della Gran Corte Criminale. Giudicavano in appello le controversie già dibattute davanti alle Preture ed in prima istanza i reati di maggiore rilievo. Il carteggio dei Tribunali Civili e Correzionali è diviso in due sezioni: civile e penale. Il più cospicuo è quello del Tribunale di Salerno, che consta di più di cinquemila fasci.
Salerno divenne altresì sede di Corte d'Assise, alla quale spettava la cognizione dei reati contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato, di istigazione a commetterli, fatta anche per mezzo della stampa, degli abusi dei ministri dei culti nell'esercizio delle loro funzioni e di tutti i crimini che le sentenze di accusa le avessero rinviato. L'archivio della Corte d'Assise è unito a quello del Tribunale Civile e Correzionale di Salerno. Di esso è stata inventariata una parte, concernente i processi per reati politici e brigantaggio, che, unitamente al carteggio del Gabinetto di Prefettura, ha consentito di studiare il fenomeno brigantesco nelle varie aree della provincia. Si segnala in particolare la ricca documentazione sulla banda Manzo e sulla banda Tardio, operanti rispettivamente nel circondario di Salerno e nel Cilento. I processi per reati politici costituiscono un'interessante testimonianza del malessere esistente nella provincia all'indomani dell'unità, quando il venir meno delle speranze in una radicale trasformazione dell'assetto sociale, unitamente alle mene clericali e filo-borboniche, diede via ad episodi sovversivi o perlomeno a tentativi di suscitarli. La maggior parte di questi processi non concerne veri e propri fatti insurrezionali, ma piuttosto critiche mosse al nuovo governo ed istigazione alla rivolta. "Voci allarmanti tendenti a spargere il malcontento contro il governo", "Grida inneggianti a Francesco II e di abbasso a Garibaldi ed a Vittorio Emanuele II": sono questi i capi di imputazione che ricorrono più di frequente.

L'Intendenza di Finanza
L'Intendenza di Finanza fu istituita con r.d. 26 settembre 1869, n. 5286. Con il successivo r.d. del 18 dicembre dello stesso anno fu emanato il regolamento che ne stabiliva l'organizzazione e le attribuzioni. Suoi principali compiti erano: l'amministrazione dei beni patrimoniali mobili ed immobili dello Stato, dei diritti e delle rendite di ogni natura appartenenti al demanio, compresi i beni assegnati al fondo per il culto; la riscossione delle tasse di manomorta, di registro e di bollo, delle imposte sui beni rustici, sui fabbricati, sulla ricchezza mobile, sulle vetture, sui domestici, sulla macinazione dei cereali e di qualunque altra imposta sui passaggi di proprietà e sugli affari, nonché la riscossione dei dazi di confine, dei dazi marittimi e dei dazi di consumo e della privativa dei sali e tabacchi oltre che delle pene pecuniarie.
L'archivio dell'Intendenza di Finanza si divide in cinque serie: Ramo demaniale, Fondo culto, Gabelle, Imposte, Vendita dell'asse ecclesiastico. Vi sono poi registri di varia natura.
Nel fondo si rinviene anche documentazione appartenente a magistrature preunitarie.

Genio Civile
All'indomani dell'Unità il r.d. 25 luglio 1861 stabilì che i Corpi degli Ingegneri delle Acque, Ponti e Strade delle province toscane, napoletane e della Sicilia fossero riuniti al Corpo Reale del Genio Civile, che prese il nome di Corpo Reale del Genio Civile del Regno d'Italia. Il Genio Civile è una magistratura del regno di Sardegna, la cui origine risale al 1816, quando al Genio Militare fu aggiunta una classe di ingegneri civili. La legge sabauda del 20 novembre 1859 ne stabilì l'ordinamento ed il suddetto r.d. del 1861 ne estese le competenze al nuovo Regno d'Italia. La successiva legge del 5 luglio 1882 gli diede l'assetto definitivo.
L'archivio del Genio Civile è il fondo più cospicuo per ricostruire la progettazione e la realizzazione dei vari tipi di lavori pubblici eseguiti nella provincia. Il suo carteggio parte dalla fine del Settecento, in quanto in esso è confluita una parte della documentazione del Corpo Reale di Ingegneri di Ponti e Strade del decennio francese e della borbonica Direzione dei Ponti e Strade e delle Acque e Foreste e della Caccia. Trattandosi di magistrature centrali, la loro documentazione dovrebbe conservarsi presso l'Archivio di Stato di Napoli. La sua presenza in questo fondo è da attribuirsi, probabilmente, al fatto che, al momento dell'Unità, il carteggio sulle opere pubbliche ancora in corso fu fatto confluire nell'ufficio del Genio Civile, che si sarebbe dovuto occupare del completamento dei lavori.

Provveditorato agli Studi
Il fondo più importante per la storia della scuola dall'Unità alla riforma Gentile è il Provveditorato agli Studi, che consta di circa 300 buste.
Il Provveditorato agli Studi è un organo amministrativo di origine sabauda: la legge Casati del 1859 aveva fatto del Provveditore la suprema autorità nell'ambito provinciale per quanto concerne l'istruzione primaria e secondaria. Dopo l'Unità, con il regolamento del 3 novembre 1877, molte delle sue competenze furono trasferite al Prefetto, che, di fatto, divenne il capo di tutta l'amministrazione scolastica provinciale. Agli inizi del XX secolo, con la legge Credaro del 4 giugno 1911, furono ridate al Provveditore le sue attribuzioni originarie. Con la riforma Gentile la circoscrizione di sua competenza da provinciale divenne regionale (r.d. del 31 dicembre 1922, n.1679). nel 1936, con la legge del 10 aprile n.768, si ritornò ai Provveditorati provinciali.
La maggior parte della documentazione di questo fondo concerne il personale docente (concorsi, nomine, carriera). Vi sono altresì carte sull'istituzione di scuole ed il loro funzionamento, riguardanti sia istituti pubblici che privati e pareggiati. Si segnalano, in proposito, gli incartamenti sulle varie scuole superiori di Salerno (Real Liceo, Scuola Normale, Scuola Tecnica), sul Liceo Ginnasio pareggiato della Badia di Cava, sul Real Ginnasio G. B. Vico di Nocera Inferiore, sulla Scuola Tecnica Francesco Solimena di Nocera, Sulla Scuola Tecnica Guido Baccelli di Sarno, sul Ginnasio e sulla Scuola Tecnica di Sala Consilina.
Il carteggio più cospicuo riguarda, naturalmente, le scuole primarie ed è ripartito per comune: vi si trovano informazioni sulle nomine dei maestri, sui locali adibiti a scuole, nonché i registri degli esami di proscioglimento dell'obbligo scolastico. Molto interessanti sono i verbali delle visite ispettive agli insegnanti elementari, che forniscono informazioni sul numero degli alunni, sull'osservanza dell'obbligo scolastico, sui locali adibiti a scuole e sul loro arredamento, sui libri di testo usati e sulla qualità dell'attività didattica, di cui spesso si lamenta il basso livello.
Nel fondo Provveditorato agli Studi si rinviene anche la documentazione sul Real Liceo.
Il carteggio, che parte dal 1812, non è stato emanato dal Provveditorato, che è un'istituzione postunitaria, ma proviene dall'archivio del Convitto Nazionale.

Subeconomato dei benefici vacanti
All'indomani dell'Unità l'amministrazione dei benefici ecclesiastici vacanti venne affidata a regi economi e le loro rendite furono destinate alle spese di culto ed ai lavori di restauro delle chiese. Il Subeconomato per le diocesi di Salerno ed annesse ( oltre alla diocesi di salerno, vi erano incluse quelle di Acerno, di Campagna, di Capaccio-Vallo, di Cava de' Tirreni, di Policastro, di Teggiano, nonché il Subeconomato della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni), che dipendeva dal R. Economato dei benefici vacanti per le Province Napoletane, fu soppresso in seguito al Concordato del 1929. Il suo carteggio concerne l'amministrazione delle proprietà dei benefici vacanti, sulla cui entità e natura fornisce dettagliate informazioni. Infatti, quando il subeconomo andava a prendere possesso del beneficio, in seguito alla rinuncia del titolare, veniva stilato un verbale, in cui tutti i suoi beni, sia mobili che immobili, erano accuratamente descritti, sicchè è possibile conoscerne l'esatta consistenza.

Testo di Eugenia Granito (Archivio di Stato di Salermo, 2016)



Ultimo aggiornamento: 25/09/2024